Osip Mandel’Štam - maestri di musica e immagini

premessa fondamentale: questo articolo fa parte di una serie di scritti che non sono articoli di critica letteraria.

non si intende, con questi contributi, approfondire in maniera scientifica un’opera o un autore. piuttosto, il desiderio è quello di omaggiare, pur in modo puntiforme, alcuni grandi maestri della poesia a cui la redazione si ispira molto.

 

oggi si vola alto, promesso. e qui non si promette invano.

basta un nome: Osip Mandel’Štam.

nato a Varsavia nel 1891, muore in un gulag siberiano, il campo di Vtoraja Rečka, il 27 dicembre del 1938.

intelletto sensibilissimo, Mandel’Štam lascia in eredità poesie di straordinaria raffinatezza e intensità. il testo presentato di seguito non è che un piccolo esempio di ciò.

anche basta con le chiacchiere, la parola al testo.

***

CONCHIGLIA

Notte, forse di me non hai bisogno; 

dalla voragine dell’universo 

io, conchiglia senza perle, sono 

gettato sulla tua proda, riverso.

 

Con noncuranza fai schiumare i flutti 

e riottosamente vai cantando; 

ma la bugia d’una conchiglia inutile 

ti sarà oggetto d’amore e di vanto. 

 

Verrai a giacerle accanto sulla sabbia, 

e a ricoprirla della tua pianeta; 

a renderla, verrai, inseparabile 

dall’enorme campana degli abissi irrequieti; 

e il vano della fragile conchiglia –

nido di un cuore ove nessuno alloggia – 

ricolmerai di schiuma che bisbiglia, 

ricolmerai di nebbia, vento e pioggia… 

 

1911

Osip Mandel’Štam, Cinquanta poesie (a cura di Remo Faccani), Einaudi, 1998

 ***

 

che scelta, aprire con l’invocazione alla notte.

coraggiosa, senza dubbio.

il passo verso la banalità è molto breve, tuttavia Mandel’Štam tiene le redini saldamente in pugno, consegnando ai lettori un primo verso tutto all’insegna del dubbio.

scelta felice, che disinnesca la tentazione dell’effusione patetico-sentimentale e, allo stesso tempo, del dettato magniloquente.

Mandel’Štam traccia un solco, sottile, senza dubbio, ma percorribile, che apre la via a una espressione lirica di rara potenza.

mano a mano che si snoda, la poesia si compone di immagini pregiate, acute come spilli e impregnate di quella sensazione di solitudine, si potrebbe dire cosmica, che si respira in tutto il testo.

ed ecco la notte-cosmo, personificata, che sembra dotata di una carica amorevole, quasi materna, tutta concretata nel gesto di accostarsi alla conchiglia vuota e coprirla con il proprio mantello di buio e stelle.

ma il testo non si esaurisce qui.

il poeta, in chiusura, appone un segno rivelatore: la notte arriva a inglobare la conchiglia vuota, riempiendola, sì, ma di elementi effimeri e incostanti, tradizionalmente accostati a sensazioni di malinconia e, ancora una volta, solitudine.

si ritorna alle strofe precedenti, la notte svela il proprio volto: non bisognosa del poeta, ma subito pronta a farsi vanto del canto di quest’ultimo.

ecco qua, il gioco è fatto.

Mandel’Štam mescola e rimescola le carte, non lascia tempo al lettore di accomodarsi su un concetto, lo proietta in avanti, spinto da una angoscia lacerante, magnificamente espressa dall’immagine della conchiglia vuota che, anche se “piena” di mare e di notte, rimane in balìa dell’incostanza, incompiuta come la strofa finale del testo, sigillata dai tre puntini di sospensione.

Articolo a cura della redazione di Heimat

Articolo a cura della redazione di Heimat

© heimat - rifugio poetico (no copyright sul testo poetico, che viene riprodotto per gentile concessione della Casa Editrice citata in calce al testo e/o del detentore dei diritti su di esso)

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